Generative AI: il tuo nuovo Player 2 per il design

Immagina di essere Super Mario e avere Luigi sempre al tuo fianco. Ancora meglio: immagina di essere un designer e di avere un Jarvis personale che in tempo reale genera l’interfaccia di un sito web che si adatta automaticamente alle esigenze di ogni tipologia utente.

Un sogno da nerd? Beh, non è così distante dalla realtà. La generative UI è un possibile scenario che sta già prendendo forma nel mondo del digital design.

 

La Forza dei dati

La UX research è sempre stata, e sempre sarà, fondamentale. Se gli UX researcher analizzano bisogni e comportamenti degli utenti, gli UI designer si basano sui dati della UX research per progettare interfacce funzionali e accessibili.

Ma con l’introduzione dell’AI, questi confini potrebbero diventare meno definiti. L’AI ci aiuterà sempre di più a raccogliere dati sugli utenti e progettare user persona e classi di utenti. Anzi, in parte potrebbe anche farlo in autonomia basandosi su questi dati per generare delle interfacce specifiche per le esigenze di ognuno.

Niente panico: ci sarà sempre bisogno di un designer.

Ma con l’avvento della generative UI potrebbero non essere più necessari dei ruoli definiti e verticali (ux researcher, ui designer, ecc.), e il ruolo del designer tornerà ad essere olistico. Il ruolo del designer sarà sempre più quello di guidare l’AI verso i giusti obiettivi, valutando, verificando e affinando i risultati restituiti per garantire l’esperienza utente migliore. Inoltre, avrà la possibilità di sfruttare questa nuova tecnologia per sperimentare e innovare.

 

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Un cammino oscuro ma…

…come potremmo guidare l’AI, se sembra già farci il c…sembra già più brava di noi? 😅

Tra bias e allucinazioni, sappiamo che l’AI non è perfetta; sta a noi quindi sfruttare al massimo il potenziale. Esistono diversi modi per farlo, tutti davvero sfidanti per ogni designer:

  • Scrivere regole e obiettivi chiari per l’AI: l’AI ha bisogno di una guida precisa per non cedere al lato oscuro. Questo significa che dovremo interpretare i dati forniti dalla UX research nel modo corretto e stabilire regole e strategie in linea con le necessità degli utenti, che l’AI dovrà seguire. In questo modo, potremmo concentrarci maggiormente sul risultato finale, invece che sui dettagli dell’interfaccia.

  • Comprendere meglio come funziona l’AI: per non farsi fregare, come Frodo con l’anello, dobbiamo conoscere a fondo gli strumenti che utilizziamo e tirar fuori i migliori risultati possibili.

  • Iterare con test continui: si può sempre migliorare. Le soluzioni generate dall’AI devono essere valutate costantemente, identificando eventuali limiti o bias e testandole con utenti reali per garantire un risultato ottimale.

 

Potenziamenti Personalizzati

Come potrebbe essere utile, nella pratica, avere un’interfaccia personalizzata per ogni tipologia di utente (o addirittura per ogni singolo utente)?

Ecco alcuni esempi:

  • E-commerce fashion: basandosi sui dati di acquisto, l’AI può suggerire outfit o prodotti in linea con i gusti dell’utente, adattando in questo senso anche l’interfaccia, personalizzandola con sezioni e categorie basate sulle preferenze dell’utente, per un’esperienza d’acquisto più fluida e coinvolgente.

  • Accessibilità dinamica: È la cosa più banale che mi aspetto venga fatta a breve con ogni sito web. L’AI potrebbe rilevare automaticamente disabilità visive o motorie, modificando layout, colori e navigazione per garantire piena accessibilità. Ad esempio, per un utente con daltonismo, il sistema potrebbe selezionare una palette colori adatta, mantenendo un'estetica accattivante.

  • Apprendimento adattivo: Se sei un Padawan, l’interfaccia ti mostra guida con i tutorial base, se sei un Maestro, ti porta direttamente alle tecniche avanzate. In sostanza una versione super avanzata di onboarding che man mano si adatta alle skill dell’utente.

  • Interfacce empatiche: Sei frustrato? L’interfaccia lo capisce e ti aiuta con messaggi motivazionali. Tipo Clippy 2.0, ma meno fastidioso. In pratica in base all’utilizzo che fai dell’interfaccia, l’AI capisce il tuo stato d’animo e adatta il tono di voce del prodotto che stai usando.

  • App bancaria: In base alla tua età ed esperienza di utilizzo l’AI potrebbe adattare la dashboard dell’app della tua banca per permetterti di utilizzare in modo più sicuro i servizi della banca, comprendere meglio i tuoi investimenti se non sei esperto e suggerire strategie di investimento migliori se sei un utente senior. Un modo per rendere i servizi finanziari più accessibili e utili per tutti.

 

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Quali possono essere eventuali rischi?

Come in ogni innovazione, ci sono sempre dei rischi. C’è chi parla di perdita di controllo creativo (parola che personalmente odio, ma non è il momento di spiegarvi il perché) e di voglia di sperimentare.

Quindi l’AI ci fa diventare pigri scegliendo soluzioni standardizzate? Beh, questo è un altro vasto argomento che non tratteremo qui (sorry).

Altra preoccupazione sollevata da molti designer: un eccesso di personalizzazione potrebbe compromettere la navigabilità, creando confusione. Ad esempio, se l’interfaccia cambia frequentemente per adattarsi al comportamento dell’utente, si potrebbero perdere standard di progettazione che facilitano l’esperienza d’uso.

Chissà. L’AI è probabilmente più precisa di noi, oltre che più veloce, quindi se ben guidata dovrebbe riuscire a mantenere la coerenza nelle interfacce trovando un fondamentale equilibrio tra personalizzazione e uniformità.

I rischi più significativi, tuttavia, riguardano i bias dell’AI e la perdita di privacy.

Per i bias c’è poco da fare, dovremo bacchettarla un bel po’. I sistemi di intelligenza artificiale apprendono dai dati che forniamo loro e dalle ENORMI quantità di informazioni presenti online. Questo significa che, se questi dati riflettono pregiudizi o disuguaglianze (e lo fanno), l’AI potrebbe perpetuarli o addirittura amplificarli. Serve quindi un approccio consapevole con la progettazione di dataset inclusivi e la verifica continua dei risultati generati dall’AI. Quanto alla privacy, si tratta di un tema complesso e sempre più rilevante. La personalizzazione estrema richiede grandi quantità di dati sugli utenti, e ciò può sollevare dubbi sulla sicurezza e sull’utilizzo etico delle informazioni. Ma, a mio vedere, la privacy ce la siamo già giocata da tempo purtroppo.

 

Conclusione

Sono molti i designer che stanno affrontando questo argomento: sia i più attivi nella divulgazione sull’AI per il design, come Ioana Teleanu, ma anche il mitologico NNGroup (qui un bell'articolo) dove sono sempre attenti all’evoluzione della UX design. È normale (e anche necessario) chiedersi come cambierà il lavoro dei designer con l’avvento dell’AI generativa, ma non facciamoci sopraffare dall’ansia. Non ci sono ancora abbastanza dati per dire che l’AI “ci ruberà il lavoro”. Piuttosto quello che possiamo fare è quello che hanno sempre fatto gli esseri umani quando ci sono grandi cambiamenti: adattarci. Potremmo entrare sempre più in simbiosi con l’AI e questo potrebbe davvero avere tantissimi aspetti positivi per gli utenti, tra cui: esperienze su misura, più inclusive e accessibili.

Autore

Simone Trovato

Brand Designer / UI & UX Designer / Photographer

Appassionato fin dalla tenera età di illustrazione e di metodi su come semplificare le cose (a 5 anni disegnava schemi su come i Cavalieri dello Zodiaco potevano riuscire ad arrivare più velocemente all'ultima casa), ha iniziato il suo percorso formativo con l'Industrial Design per poi spostarsi su Visual Design e Fotografia.

Il suo percorso universitario va dall'Accademia di Belle Arti di Catania all'ISIA di Urbino.

Grazie a varie esperienze lavorative, negli ultimi anni si è avvicinato sempre più alla creazione di siti web e app. Scopre quindi che l'UX design è (più o meno) quello che faceva dall'età di 5 anni: semplificazione della vita. Da allora studia tutto il possibile su UX/UI, continuando a vivere e studiare il mondo del design. Perché in fondo, "tutto nella vita è design".

Insieme al suo collega ed amico Fabrizio Rizzo dirige Facto Design Studio e qui in Devmy si occupa di UI/UX e Brand Design.

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